– Frequenti rapporti sessuali (gli effetti meccanici della penetrazione durante un rapporto sessuale favorirebbero l’ingresso di batteri a livello vescicale).
– Uso di sistemi contraccettivi come la crema spermicida e/o il diaframma (che generano alterazioni dell’ecosistema vaginale).
– Cattiva igiene intima.
– Uso di tamponi vaginali durante il ciclo mestruale.
– Uso di lingerie e pantaloni troppo aderenti e fatti con tessuti non traspiranti.
– Un’alimentazione “disordinata”.
– Uso indiscriminato di antimicrobici (l’uso spropositato di alcuni antimicrobici altera la normale flora batterica vaginale costituita da lactobacilli, comportando una persistente colonizzazione vaginale da parte di uropatogeni come per esempio l’Escherichia Coli).
– Familiarità (la mamma ha sofferto/soffre di cistiti ricorrenti).
– Distanza fra uretra e ano: più è breve, più aumenta il rischio. In genere la distanza media è di 5 cm: basta che si di 4,8 per favorire la cistite.
– Fattori tipici delle donne in post menopausa quali il deficit estrogenico che altera il normale trofismo vaginale.
– Diabete: nei diabetici sono più frequenti le infezioni. È quindi più facile “prendere” la cistite.
– Stress: favorisce l’insorgenza di episodi di “cistite psicosomatica”, oppure ne peggiora i sintomi.
Dipendono dall’età, ma di solito i sintomi più frequenti sono la necessità impellente di fare pipì e il bruciore.
Nel dettaglio, nelle donne quelli principali sono:
• l’aumento della necessità e urgenza di fare pipì durante le 24 ore (chiamata pollachiuria).
• La difficoltà nell’urinare. Si impiega molto tempo a fare pipì e se ne fa poca, nonostante il grande sforzo. I muscoli appaiono contratti e il getto può risultare modificato nel volume o nella forma (deviato, tortuoso, ecc.) o arrestarsi improvvisamente e involontariamente (chiamata disuria).
• Si percepisce bruciore o dolore mentre si fa la pipì. A volte si sentono anche brividi e freddo (chiamata stranguria).
• Spasmo doloroso seguito dall’urgente bisogno di urinare (si chiama tenesmo vescicale).
• Urine torbide, a volte maleodoranti.
• Presenza di sangue e pus nelle urine (chiamati ematuria o piuria).
• Febbre: generalmente non c’è. Quando però la temperatura sale oltre i 38 gradi con brivido e dolore lombare è possibile che l’infezione si sia propagata alle alte vie urinarie.
La sintomatologia della cistite cronica è simile a quella della cistite acuta, ma caratterizzata da sintomi più lievi.
Nei bambini più piccoli i sintomi possono essere molto generici: il piccolo può sembrare irritabile, mangiare poco o vomitare. A volte l’unico sintomo è una febbre che sembra comparire senza ragioni e non va via.
La diagnosi si basa sull’esame fisico-chimico delle urine, sull’esame del sedimento urinario e sull’urinocoltura. L’esame delle urine dimostra la presenza di batteriuria (presenza di batteri nelle urine) associata a leucocituria (presenza di leucociti nelle urine) e talvolta a microematuria (tracce di sangue nelle urine).
L’urinocoltura consente la dimostrazione dell’infezione con l’identificazione dell’agente infettante, la determinazione della carica batterica e l’esecuzione dell’antibiogramma.
Nel sospetto di infezione delle basse vie urinarie l’urinocoltura non è indispensabile in quanto i potenziali patogeni e la loro suscettibilità agli antibiotici sono prevedibili e i tempi di esecuzione dell’esame sono più lunghi della fase acuta della malattia. L’urinocoltura, invece, è indispensabile nelle forme ricorrenti delle basse vie urinarie o in caso di sintomi che possono far sospettare pielonefrite (infezione renale). Dopo un episodio di cistite non è necessario eseguire uno studio morfologico delle vie urinarie mentre, in caso di episodi ricorrenti, uno studio ecografico dell’apparato urinario può risultare molto utile. In caso di pielonefrite l’esame ecografico potrebbe svelare la presenza di ostruzione delle vie urinarie.