Da quando è stato introdotto il test del PSA, non solo l’incidenza del tumore alla prostata nella popolazione è cresciuta (in realtà perché l’esame ha permesso di diagnosticare più carcinomi), ma si è anche ridotta la mortalità. E in modo significativo. Gli ultimi dati arrivati da uno studio internazionale guidato da Alex Tsodikov, biostatistico dell’Università del Michigan, e pubblicato su Annals of Internal Medicine, ci dicono che lo screening per il cancro alla prostata può ridurre la mortalità di circa il 25-32 per cento.
La ricerca
Per arrivare a questo dato, Tsodikov e i suoi colleghi hanno incrociato i risultati di due studi precedenti. Il primo, l’European Randomized Study of Screening for Prostate Cancer, diceva che il test del Psa riduceva la mortalità per cancro alla prostata. L’altro, il Prostate, Lung, Colorectal, and Ovarian Cancer Screening Trial, no.
Utile o non utile?
Proprio a causa di questi dati contrastanti, fino ad oggi gran parte degli esperti ha concordato sul fatto che la diagnosi precoce non sempre producesse un vantaggio in termini di mortalità e il dibattito sull’effettiva utilità dello screening è sempre stato aperto. Per quale motivo? Principalmente perché l’esame, che consente di misurare i livelli ematici dell’antigene prostatico specifico, può trovare dei valori alterati anche in assenza di malattie tumorali, producendo quelli che gli esperti chiamano falsi positivi, oppure scovare neoplasie che il paziente non avrebbe mai scoperto di avere (sovradiagnosi) perché, in un’alta percentuale di casi, il tumore alla prostata cresce così lentamente che un uomo può anche non accorgersene per tutta la vita.
Benefici e svantaggi
I risultati del primo studio ri-analizzato in Michigan, aveva rivelato che il test del Psa poteva ridurre la mortalità per cancro alla prostata fino al 20 per cento. Tuttavia, sottolineava la ricerca, non si può trascurare il fatto che per ogni individuo salvato grazie alla diagnosi precoce, ci sono altri 48 uomini che scoprono di avere il cancro e vengono curati per una malattia che non avrebbe avuto modo e tempo di manifestarsi durante la loro vita.
Meglio fare il test
Oggi lo studio di Tsodikov conferma che è meglio fare lo screening con il test del PSA rispetto a non fare nulla. Il punto sarebbe capire come avere solo benefici, quindi diagnosi precoci di tumori aggressivi che possono essere trattati per tempo, e meno svantaggi, ovvero individuazione di tumori indolenti che potrebbero non essere trattati. In Italia, lo screening con il test del PSA non fa parte degli esami di routine preventivi consigliati dal Servizio Sanitario Nazionale, come ad esempio il pap test o la ricerca del sangue occulto nelle feci. Questo perché i dati disponibili (almeno fino a oggi) non sono stati sufficienti per permetterlo.
Per chi è consigliato
Persone con familiarità, afroamericani e obesi gravi, che tendono ad avere livelli più alti di antigene prostatico specifico. È inoltre indicato per chi ha già avuto una diagnosidi tumore alla prostata, per tenere sotto controllo la malattia, e in generale per gli uomini che, tra i 55 e i 69 anni, hanno disturbi che fanno sospettare la presenza di una neoplasia. La maggior parte degli esperti concorda che non è mai indicato oltre i 70 annidi età.
FONTE: Giulia Masoero Regis